Una problema connesso al Superbonus.
L’introduzione dei vari “Superbonus” varati per la ripresa economica del nostro Paese e per il recupero del patrimonio immobiliare italiano ha fatto emergere un problema che i più non conoscevano o non avevano mai considerato: i ponteggi e, di conseguenza, le problematiche legate all’occupazione del suolo pubblico.
Il problema in questione, proprio in quest’ultimo periodo, ha assunto proporzioni preoccupanti, in quanto gli interventi da eseguire sulle abitazioni private, ma ancor più sui Condomini, sono aumentati in maniera esponenziale e non sono disponibili sufficienti ponteggi per la realizzazione degli stessi.
È fatto ormai notorio, infatti, che i costi di noleggio dei ponteggi stanno lievitando in maniera così rapida e vertiginosa che, unitamente al contestuale rincaro delle materie prime, i preventivi fatti mesi fa non permettono più alle imprese di realizzare le opere appaltate, se non “rosicchiando” ogni utile o, addirittura, lavorare “in perdita”.
Questo, tuttavia, non è l’unico problema che il proliferare incontrollato dei ponteggi che ognuno di noi vede, soprattutto nelle grandi città, incrementare di giorno in giorno.
L’oscuramento delle attività commerciali.
Vi è, infatti, anche il problema dello “oscuramento” che detti ponteggi causano alle attività commerciali che sono collocate all’interno dei Condomini interessati dai lavori.
E non solo.
Per poter posizionare i ponteggi, le imprese edili devono inevitabilmente occupare quella parte di suolo pubblico che talune attività commerciali (si pensi ai bar o ai ristoranti) hanno pagato per posizionare i dehors, le sedie ed i tavolini.
Come si conciliano, dunque, le esigenze di chi, come il Condominio, deve eseguire dei lavori con quelle di cui, come gli esercenti, rischiano, per la durata dei lavori, di vedere ridotto il passaggio di clientele, e quindi di fatturato, oltre a non poter usufruire di uno spazio (suolo pubblico) per il quale hanno pagato i relativi diritti?
Occorre, tuttavia, fare un distinguo, a sommesso avviso di chi scrive, tra la realizzazione di lavori resi necessari per la salvaguardia dell’incolumità pubblica e della sicurezza delle persone e quella di lavori meramente “estetici” o, comunque, non indispensabili.
Aspetti giurisprudenziali.
Analizziamo, in questo articolo, il primo caso, prendendo spunto da una recente sentenza del TAR della Lombardia (n. 2244 del 15.10.2021), al quale è ricorsa una società esercente un’attività commerciale che ha impugnato il provvedimento autorizzativo della concessione temporanea del suolo pubblico da parte del Comune di Milano al Condominio Alfa, affinché quest’ultimo potesse eseguire i “lavori di manutenzione ordinaria delle facciate”, e di rifacimento del “manto di copertura”.
La società ricorrente, che gestisce un ristorante-bar ubicato all’interno dell’edificio condominiale, ovviamente al piano terra, ebbe ad impugnare il provvedimento autorizzativo sotto molteplici aspetti: dall’omessa comunicazione dell’avvio del provvedimento amministrativo, alla mancata motivazione dello stesso, sino, per quanto qui interessa, al fatto che detto provvedimento avrebbe dovuto salvaguardare il suo “diritto di affaccio” sulla pubblica via, evitando l’oscuramento del locale.
Il fatto che il provvedimento in questione facesse “salvi i diritti di terzi”, a detta della società ricorrente, sarebbe una mera clausola di stile, svuotata di effettiva efficacia.
Per giurisprudenza pacifica, l’esistenza di un’autorizzazione che faccia salvi i diritti dei terzi, esplica infatti i suoi effetti solo nel rapporto tra la pubblica amministrazione ed il richiedente, essendo invece priva di rilevanza tra privati, suscettibili ad essere tutelati mediante il ricorso ai rimedi civilistici, con la proposizione di un’azione risarcitoria, o la riduzione in pristino.
La stessa ricorrente, sostiene infatti che il Condominio avrebbe tratto un vantaggio, in suo danno, dallo sfruttamento, a fini pubblicitari, dagli spazi occupati dai ponteggi, ciò che attiene tuttavia all’eventuale lesione di un suo diritto soggettivo, esulando conseguentemente dalla giurisdizione del giudice amministrativo, in favore di quello ordinario.
La ricorrente, poi, lamentava il difetto di istruttoria, per non avere l’Amministrazione procedente operato alcuna valutazione dei suoi interessi presenti sull’area oggetto del provvedimento impugnato.
Anche detto motivo di ricorso è stato ritenuto infondato dal TAR, dovendo gli interessi commerciali della ricorrente soccombere di fronte di quello collettivo all’esecuzione dei lavori necessari alla manutenzione e messa in sicurezza di un immobile e ciò a salvaguardia della sicurezza pubblica e dell’incolumità delle persone.
Da ultimo, il TAR ha rigettato l’ulteriore motivo di ricorso con il quale la società gestrice il ristorante riteneva che “in caso di più domande aventi ad oggetto l’occupazione della medesima area, se non diversamente disposto da altre norme specifiche, costituiscono condizione di priorità, oltre alla data di presentazione della domanda, la maggior rispondenza all’interesse pubblico, o il minor sacrificio imposto alla collettività”, avendo la stessa presentato al Comune di Milano una richiesta di occupazione di suolo pubblico, finalizzata allo svolgimento della propria attività di ristorazione.
Il Regolamento Cosap della città di Milano (ma il medesimo ragionamento logico-giuridico può valere per molte altre città) assegna la priorità alle domande, in ragione della “maggior rispondenza all’interesse pubblico” dell’occupazione, e non solo pertanto alla loro data di presentazione.
Come più volte evidenziato, gli interessi collettivi alla messa in sicurezza e al mantenimento del decoro degli immobili, prevalgono su quelli commerciali della ricorrente, peraltro solo parzialmente compressi, e per un periodo circoscritto.
Dalla lettura della sentenza in questione, dunque, appare evidente come il nostro ordinamento, ma anche i giudici (amministrativi e civili) ritengano maggiormente meritevole di tutela la sicurezza delle persone e la salvaguardia del patrimonio immobiliare, rispetto agli interessi meramente commerciali delle attività che, inevitabilmente, vedono (anche se per un periodo circoscritto di tempo) limitata la propria attività e la propria visibilità, inconciliabili con il posizionamento di un ponteggio e la conseguente occupazione del suolo pubblico.
Avv. Vittorio Conti – Fonte: CondominioCaffe